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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254909
Saltini, Guglielmo Enrico 40 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

passo di più e poi invocheremo dalla Provvidenza un forte ingegno, che appropriatesi le moltiplici ricerche, gli studj indefessi, i lavori utilissimi

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Prato (n. 1752, m. 1833) apprese dal padre i rudimenti dell’arte, ma venne poi a Firenze e la studiò col Paoletti. Ritornato in patria dopo aver

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delle Fabbriche. Di qui poi l’incarico d’inalzare per la regina d’Etruria la facciata della villa deirimperiale; ma fattone appena il portico

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il Castinelli di Pisa, e il Bettarini di Portoferraio. Del merito di ciascuno d’essi diremo qui brevemente, per ricordare poi le opere di quei nostri

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Paolo eretta in Livorno nel 1832. Eletto poi gonfaloniere nella nostra città, nel 1842 procurò che dal Comune si aprisse più ampliamente quel tratto di

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anni ventiquattro, ebbe dal principe la cura delle fabbriche dell’Opera del Duomo, e d’altri pubblici edifizi. Fu poi maestro dell’Accademia fiorentina

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quando fu ascritto tra gl’ingegneri aggiunti alla costruzione della strada ferrata livornese, e poi in quella di Siena, che egli stesso ideò e

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, si rifugiò in Francia, e lo pose ai primi studj nel collegio di Sorreze. Di là il giovinetto passava alla Scuola Normale di Parigi, e poi in quella

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del Bettarini. Dal 1815 in poi servi lo Stato in più e diversi uffici dell’arte e sempre riportò lode come valente e integerrimo. Il grandioso lavoro

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al Monte in prossimità di Firenze, e per la Facciata di Santa Maria del Fiore; e poi un terzo per la facciata di Santa Croce, (sopra un gozzetto di

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(n. 1765, m. 23 novembre 1837) suo allievo e poi successore nell’insegnamento. E che riuscisse assai valente scultore, lo dicano gli elogi di alcune

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del padre. Pure sentendosi chiamato da naturale inclinazione ad altra via, dopo essere stato fattorino di un vetrajo e poi di un sarto, riuscì ad

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fu in poco tempo ripetuta dall’artista quattro volte, e bene otto il fanciullo; che poi gettato in gesso a sodisfare il desiderio di tutti, vedi anch

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Ora secondo il nostro costume seguiteremo prima a parlare degli artisti mancati alla vita, per accennar poi brevemente ai viventi. FRANCESCO Pozzi di

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nel 1842 per le nostre logge vasariane. Meritevole poi era la statua colossale innalzata a Leopoldo II nel 1848 in sulla piazza livornese del Voltone

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Cellini, poi la testa del David di Michelangelo, e in fine le statue del Duprè, Abele e Caino, per la reggia de’ Pitti. Tutti questi getti sono di una

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della più vera amicizia. Da lì in poi il Susini non si occupò d’altro che del disegnare e modellare membra umane, e tal volta intieri corpi. Molti Musei

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prima ad aiutare il maestro, fu poi anch’esso modellatore del R. Museo, e lungamente si adoperò con lui in quelle celebri preparazioni di anatomia umana e

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della Toscana, volle fare dipingere alcune sale della villa del Poggio Imperiale, ma in veder poi codeste pitture scoperte, ebbe ad esclamare sdegnato

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Maddalena de’ Pazzi a Firenze, e la tavola per l’aitar maggiore della chiesa del Pellegrino fuori la porta a San Gallo. Passato poi a Londra, molto fu

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dipinto prima d’ottenere codesto ufficio, nulla più fece poi; e abbandonati affatto i pennelli, parlò sempre ai giovani scuolari, ma non disse loro pure

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A Prato poi lavoravano di prospettive GIUSEPPE CASTAGNOLI (n. 1754, m. 1832) stato maestro d’ornati nell’Accademia fiorentina, e autore di un libro

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’Accademia di San Luca, e del Benvenuti stesso amico suo, che poi lo raccontava con ammirazione, rifece il nudo a penna incominciando a tratteggiarlo dai

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Edipo dall’albero ove era stato appeso (1815), e una Vergine orante col putto (1816). Diversi freschi fece poi in quella città e in Toscana; ricordo

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(1813), ove fu a compire gli studj, dipinse di grandezza naturale Francesca da Rimini con Paolo, quando vengono sorpresi da Lanciotto, e poi gli

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religiosi, e poi con amore grandissimo ai restauri degli antichi dipinti, che una barbarica ignoranza da un pezzo aveva lasciati in vergognoso abbandono

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Rimini, gran quadro condotto sopra un bozzetto del padre suo; poi terminò, rifacendola in parte, la tela che gli fa riscontro, cominciata già, come

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Prometeo, ma riuscì inferiore a sè stesso. Uno dei suoi migliori quadri però è la morte di Sofonisba, che poi nel 1840 espose in Milano. Chiamato a dirigere

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, nel 1601 mandato in dono a questo pontefice; e poi i famosi lavori per la cappella dei depositi medicei in San Lorenzo, che con magnificenza proprio

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); poi il magnifico altare per la cappella medicea che da molti anni si va con grande studio preparando. Le formelle per il paliotto, le fiancate di

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, disegnò anch’esso e incise assai bene a bulino. Stette prima molto tempo in Parigi, e poi tornato in patria successe al padre nell’insegnamento; ma

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valent’uomini, insieme ai quali fondò poi la celebre Accademia delle Belle Arti di Londra; in pochi anni colle sue vaghissime incisioni riuscì a farsi

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. Applicatosi poi all’incisione, venne di ventisette anni in Firenze a cercarvi perfezionamento. Fatto quivi il suo tirocinio, intagliando prima gli antichi

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sculture del mentovato Camposanto (1820): poi intagliò la Metropolitana fiorentina; le tre porte del Battistero (1821); la Galleria Riccardiana

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Raffaello avviato all’arte prima sotto la scorta paterna, e poi da Giovanni Volpato, che teneva allora in Italia il primo luogo tra gl’incisori

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alla vita e agli studj di Giuseppe Ignazio suo padre 1. Dettò poi la Memoria sopra la maniera di costruire, resarcir e e mantenere le sirade della

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incisione delle tavole patologiche del celebre Scarpa, e poi del famoso Giuseppe Longhi lombardo. Incise sotto di lui l'Erodiade del Luino, la Sacra famiglia

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premio. Fece poi in più tempi alcune bellissime stampe, tra le quali ci piace ricordare la nascita della Madonna da un fresco di Andrea del Sarto

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belle speranze. — E poi quei carissimi, più che allievi, compagni di fatica del Perfetti: DOMENICO CHIOSSONE di Genova, che sta da assai tempo in

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architetti d’Italia; da Pietro Leopoldo I che ne conobbe il sapere, fu ascritto tra i regi architetti, ed ebbe poi cattedra nell'Accademia fiorentina

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